Parliamo come pensiamo, il problema del genere femminile

Il problema

Si dice « avvocata » o « avvocatessa »? « Sindaca » o «sindachessa »? E ancora « magistrata », « prefetta »,  « capitana », « ingegnera »?  Sono molti i nomi italiani che al femminile creano qualche perplessità e questo, che non è un banale problema di grammatica, ha una spiegazione molto semplice: parliamo come pensiamo.

Parliamo come pensiamo: lingua e realtà

Ogni lingua è un prodotto culturale e le sue categorie corrispondono alle categorie del pensiero, ovvero a un certo modo di vedere la realtà. Questo spiega, ad esempio, perché l’italiano ha una gamma limitata di parole usate per parlare del salmone mentre il norvegese ha almeno 14 termini diversi. In Norvegia, infatti, il salmone è qualcosa di culturalmente importante, mentre in Italia non lo è. Analogamente, se in italiano il femminile di « sindaco » non risulta spontaneo non può che essere  perché questo ruolo, come gli altri sopra citati, è stato a lungo considerato solo maschile.

La grammatica

A livello grammaticale la questione non è complessa:  i nomi italiani che terminano in –o al maschile hanno il femminile in –a.  Da « operaio » a « operaia », da « maestro » a « maestra ». Quindi, se si applica questa regola, anche « sindaca », « magistrata », « prefetta » e via dicendo. Più vario è invece il caso dei nomi in –e: « cameriere » diventa « cameriera », ma « cantante » resta invariato.

Parliamo come pensiamo: l’italiano è una lingua sessista?

Il problema, quindi, non inizia dalla grammatica, ma nasce perché le forme femminili “suonano male”, sembrano strane. Ma la sgradevolezza fonetica non è altro che lo specchio di un modo di pensare. Parliamo come pensiamo ed evidentemente non siamo ancora abituati a vedere molte donne in posizioni di un certo tipo, tanto che non sappiamo bene come chiamarle. Non a caso alcuni studiosi hanno parlato dell’italiano come di una lingua sessista, facendo riferimento al lavoro di Alma Sabatini, Il sessismo nella lingua italiana (1987), che sottolinea come, in italiano, il genere femminile risulti spesso perdente rispetto al maschile: per riferirsi a un gruppo misto di ragazzi e ragazze, ad esempio, si dice genericamente « ragazzi ».

Il dibattito sui giornali

Il dibattito su questo “problema femminile” nella lingua italiana è diventato particolarmente acceso negli ultimi anni, ma la questione non è risolvibile in tempi brevi. Soltanto l’evoluzione della società italiana, e parallelamente della lingua, potrà far entrare nell’uso alcune forme piuttosto che altre, a meno che non si decida di imporre una soluzione dall’alto, come regola grammaticale.   

SB