Draghi, Berlusconi, un dromedario. Con queste tre parole, snocciolate con ironia qualche giorno fa, nello studio di Propaganda Live, Serena Dandini ha riassunto il problema della corsa al Quirinale. Il dromedario sarebbe la donna qualunque, la candidata di sesso femminile spesso evocata da giornali e politici. Una a caso, purché sia donna e si possa colorare di rosa una casella, quella della presidenza, che è sempre stata occupata da un uomo. Non per niente anche nella domanda che da settimane rimbalza ovunque – Chi sarà il nuovo presidente della Repubblica? – si usa il maschile. L’elezione di “una donna” qualsiasi, però, non sarebbe proprio una vittoria.

Questo pasticcio nasce dal problema, innegabile, che l’Italia ha con la (scarsa) presenza femminile in determinati ambienti, politica inclusa. Le donne sono più della metà della popolazione (51,2%, dati Istat al 1 gennaio 2021), eppure in Parlamento siedono solo su un terzo dei seggi. Prima di Elisabetta Casellati, nessuna donna era stata presidente del Senato. Nessuna ha mai ricoperto il ruolo di prima ministra, ad oggi, e solo con la presidenza di Marta Cartabia (dicembre 2019-settembre 2020) la Corte Costituzionale ha avuto una donna al vertice. Casellati e Cartabia sono presenti anche nella maggior parte dei “toto nomi” per il Colle, ma non è chiaro se i partiti le stiano effettivamente prendendo in considerazione.
Dunque una donna al Colle per pulirsi la coscienza. Una donna per fare bella figura. Una donna per far vedere a tutti che l’Italia non è più così maschilista, nonostante l’indice sull’uguaglianza di genere 2021 che ci piazza al 14esimo posto in Europa. Peccato che non funzioni proprio così.
L’elezione di una presidente sarebbe un grande passo avanti se avvenisse spontaneamente, cioè se i partiti, durante i loro tradizionali calcoli e accordi, convergessero su una donna per lo spessore della sua figura. Sarebbe fantastico se al tavolo della trattativa si trovasse una donna che mette d’accordo (quasi) tutti per le sue capacità e le sue esperienze. Tuttavia, se questo non avvenisse, non avrebbe molto senso tirar fuori dal cappello un nome qualsiasi, solo perché questa volta dev’essere donna a ogni costo. Solo per dire di aver infranto un altro soffitto di cristallo.
A quel punto, anziché salvare le apparenze con una candidata a caso, sarebbe più onesto farsi un’analisi di coscienza e chiedersi come tutto ciò sia possibile. Le donne votano e sono elette dal 1946, possibile che non ci siano mai state – e continuino a non esserci – candidate con le carte in regola per la presidenza della Repubblica? Non è che forse – dico forse – ci sono delle dinamiche, nei partiti e in generale nel mondo della politica, che continuano a favorire gli uomini? La domanda, come quella da cui siamo partiti – Chi sarà il nuovo presidente della Repubblica? – non è retorica.
S.B.
Leggi anche: Parliamo come pensiamo, il problema del genere femminile